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Solo nel verso - Benevento. Presentazione di Alexandra Zambà.

 

Italia, Benevento, Piazza Guerrazzi, Sala Rossa delle Lauree, pomeriggio di lunedì 11 maggio 2009: per i "Lunedì letterari" promossi dalla Associazione di Volontariato Culturale dell'Università degli Studi del Sannio UMANITAS.

 

Presentazione di Alexandra Zambà.

 

Buonasera. Mi chiamo Alexandra Zambà e sono venuta a Benevento in treno per parlarvi di questo libretto segnato dagli haiku.

 

Venivo in treno e la giornata mi precedeva, con campi verdi case sparse, ed alberi; ed ogni albero, ogni ramo dell’albero, ogni foglia del ramo, prendeva dalla giornata e lasciava traccia, ed ogni traccia sotto la luce era un haiku: la non descrizione, il momentaneo, il semplice, e mi sono detta: 'Questa è una giornata haiku. Non cercare il senso, vivila. Perché l’haiku non vuole dire nulla, si presenta semplicemente con parsimonia di linguaggio - non si tratta tanto di essere concisi ma di arrivare alla perfezione della forma, senza cercare le cause, senza l’idea di finalità.'

 

Noi occidentali cerchiamo di possederlo, di interpretarlo, trovargli radici che affondano nel senso; pensiamo che l’haiku sia un pensiero ricco ridotto in un forma breve. Ma, cosi non è! La brevità è la fulminea apparizione di un evento, di una cosa, di un corpo anche piccolissimo, qualcosa che sta sempre sotto gli occhi di tutti che il poeta mette a fuoco: mette l’occhio sull’obiettivo e apre sulla realtà quel tanto per raccogliere l’intorno che lo contiene. Una foto? Una realtà vista allo specchio?

 

Luisa Piccolo che ha aperto la presentazione, ha parlato ampiamente dell’haiku. Io aggiungo solo che gli haiku di un libro sono un reticolo di boccioli in un giardino, meglio ancora, come scrive Roland Barthes, secondo un'immagine proposta dalla dottrina Hua-yen, di gemme: “si potrebbe dire che il corpo collettivo degli haiku è un reticolo di gemme, nel quale ciascuna gemma rispecchia tutte le altre e cosi via, all’infinito, senza che mai si possa afferrare un centro, un nucleo primario”.

 

Certo, per noi occidentali la tentazione è grande! una volta incontrato l’haiku, viene voglia d’interpretarlo. Non fatelo. Perdereste la fresca e sensibile immediatezza, il suono che riecheggi straniero…

 

Ascoltate uno del grande maestro giapponese, Basho:

 

Furu ìke no

kawatsu tobikomu

mizu no oto.


Nel vecchio stagno

una rana si tuffa

il rumore dell’acqua.


Interpretarlo? vorrebbe dire rovinarlo. Attribuire un senso alla sorpresa? Vorrebbe dire sciuparla. L’haiku parla del presente, converge e si compie nel presente, porta con sé quelle poche ed uniche parole pronte per mettere luce lì dove prima era oscurità, senza pretesa di dire nulla, solo trattenere quel breve momento prima che diventi passato, prima che sfugga nel futuro. Ma il taglio piccolo della cosa e la brevità del tempo, dilata l’haiku e lo sospende fuori del tempo. Mi ricordo una frase di Cesare Pavese che ora trova il suo posto: “La vita non si misura in giorni, si misura in attimi”.

 

L’haiku. La parsimonia, come dicevamo, è la scelta del linguaggio che diventa una traccia, un segno che ci attraversa… parole scelte, fatte di una sostanza stupendamente necessaria… un linguaggio che penetra e invade gli individui con la sua visione del mondo. Dunque, una traccia senza commento, una cicatrice che è un ricordo, magari non vissuto ma riconosciuto nell’haiku, come la traccia ed il segno in una tela di Tàpies.

 

L’ haiku come segno. Un'apparizione che viaggia nell’esiguità del tempo, come la nostra esistenza scorre sul tratto ridotto della nostra vita.

 

Oggi, sono arrivata nella Sala Rossa delle Lauree dell’Università di Benevento, per guardarvi spoglia dei simboli, delle metafore, le metonimie e come un haiku parlarvi di questo breve e leggero libretto di Pasquale Misuraca: “Solo nel verso” - come recita il titolo preso dall’haiku:

 

Solo nel verso

scorro sempre uguale

sempre diverso.


Un haiku che anche se intelligibile, fa invidia per la sua toccante semplicità; che spoglio da retorica, nella sua brevità colloquiale è accessibile a tutti.

 

Certo per chi ha letto e riletto degli haiku giapponesi, in particolare quelli di Basho, si è visto riflettere sui tre versi di cinque, sette e cinque sillabe, come:

 

Il vecchio acquitrino:

una rana vi salta dentro,

Oh! Il rumore dell’acqua.


All’inizio avrà cercato di capire la purezza ed il vuoto che ci lascia l’haiku, avrà cercato di trovare il senso. Andando avanti nella lettura aggiungendo un haiku all’altro avrà capito che l’haiku non descrive, non finalizza, che il tempo dell’haiku è senza soggetto. Che la lettura non ha altro che la totalità degli haiku.

 

Ecco il libretto, come lo ha definito Stefania Ferrara nell’intervento che mi ha preceduto, “Solo nel verso”, (prende una copia del libro, l'apre e la mostra agli ascoltatori presenti in sala), di carta ruvida, colore di grezzo zucchero. Apritelo e guardate i segni, toccatelo; queste pagine sono un luogo di lettura dove prendere un haiku e leggerlo a voce alta

 

Bacio ancòra

bacio - áncora mia tua –

bacio ancòra.


vorrebbe dire ripeterlo e ripeterlo e lasciare l’eco delle sue parole riempire questo luogo di raccoglimento, e nella ripetizione non cercare di trovare il senso.

 

Bacio ancòra

bacio - áncora mia tua –

bacio ancòra.


Se volessimo entrare nell’immagine che lascia l’haiku, se volessimo possederla, decifrarla, commentarla non potremmo che ripetere l’haiku. Ogni sua interpretazione non potrebbe che sciupare l’haiku: Eccone un altro di Basho:

 

Come è ammirevole

colui che non pensa:

“La vita è effimera”

Vedendo un lampo.

 

Musicalità nei versi che resta anche dopo averlo letto.

 

Ed ancora in “Solo nel verso” trovo:

 

Foglie di diari

s’impennano se corro

lungo i viali.


E’ qui che Misuraca piega il lembo della pagina. Contrariamente all’haiku giapponese, aumenta l’intensità del significato in confronto al significante, travasa dalla tradizione orientale la concisione ma non resta in superficie, si getta nel profondo, si presta all’interpretazione. Tocca con leggerezza gli haiku, toglie ed aggiunge, tocca di striscio gli haiku, lima, quel tanto che li cambia. Inglobati nei versi, ora rimati, li fa slittare in una sonorità occidentale nuova, diventano haiku rimati…

 

Questi haiku più di qualsiasi altro trovano una loro unità nel loro insieme, da soli sono affascinanti frammenti senza un'origine e senza una fine, un coccio scritto scoperto per caso e con tutta la trepidazione per l’apparizione dal nulla, possiamo tenerlo in mano ed andare in cerca per sovrapposizione, dei frammenti mancanti.


Ma oramai abbiamo capito che l’haiku è la sospensione del senso, non è brevità formale, non è un pensiero ricco ridotto ad una forma breve, ma un tratto breve che trova la sua bellezza, nella forma breve.

Presentazione di Alexandra Zambà.

Solo nel verso - Benevento. Presentazione di Luisa Piccolo.

 

Italia, Benevento, Piazza Guerrazzi, Sala Rossa delle Lauree, pomeriggio di lunedì 11 maggio 2009: per i "Lunedì letterari" promossi dalla Associazione di Volontariato Culturale dell'Università degli Studi del Sannio UMANITAS.

 

Presentazione di Luisa Piccolo.

 

L’haiku è una brevissima poesia. Solo tre versi. Rigide le sue regole. 17 sillabe, incasellate in un preciso schema: il primo verso consta di 5 sillabe, il secondo sette, il terzo cinque. È uno stile nato dalla tradizione nipponica, la quale è nota per l’amore delle cose compatte ed asciutte, la cura dei dettagli, la ricerca dell’essenzialità.


Queste sono caratteristiche inconfondibili di questo stile poetico, ove c’è poco spazio, poco tempo. Dinanzi ad un’infinità di parole il poeta di haiku ne sceglie una soltanto, quella giusta, quella in grado di racchiudere in se stessa un’intera immagine, in grado di tessere un percorso, una scala su cui il lettore possa divagare, raggiungendo mete che vanno anche al di là del messaggio che reca il singolo haiku sotto i suoi occhi.


L’estrema brevità di queste poesie poggia proprio su un’infinità d’immagini e di pensieri. C’è da stupirsi di fronte alla variegata ricchezza di contenuti che solo tre versi riescono ad evocare. È proprio il caso di dire: “Intender non la può chi non la prova”. In prima battuta, forse, soprattutto ai lettori abituati all’arte delle mille parole e dei barocchi modi di dire, questo tipo di linguaggio potrà apparire scarno, magari anche asettico. La parola potrà sembrare nuda, ed isolata, anche perché non ci sono congiunzioni; la punteggiatura è usata con parsimonia e con sapienza, per scandire le pause. La parola è il risultato di una profonda concentrazione e mira, da sola, senza alcun ausilio oltre la sua potenza evocatrice, a fotografare una parte di mondo. Si dice, infatti, che l’haiku sia una fotografia, un’istantanea del mondo; e proprio come una foto è di scatto veloce, ma di lettura infinita.

 

In questo libro di Pasquale Misuraca si legge, nel trafiletto posto nel retro della copertina, l’affermazione di Roland Barthes, secondo il quale “l’haiku ha una proprietà fantasmagorica, per cui s’immagina sempre di comporne da sé con facilità”. Questa è una affermazione che racchiude una cruciale caratteristica del poeta di haiku: l’umiltà. Di solito, i poeti, gelosi della propria arte, si ritengono un’élite, baciati dalla fortuna di avere un talento raro. Invece, poeti come Pasquale Misuraca incoraggiano il lettore alla scrittura. Ed è questo uno straordinario modo di vivere ed amare la poesia, perché è la chiave della sua diffusione.

 

C’è anche da dire, però, che scrivere haiku è difficile, molto più che scrivere una poesia in più strofe. Occorre guardare il mondo con occhi attenti, liberi da sovrastrutture, ricercando l’essenza delle cose da illustrare poi con poche e giuste parole. Lo scrittore di haiku è uno strumento, mentre l’oggetto che anima il componimento diviene soggetto. Il poeta deve essere ciò che descrive, integrandosi con l’ambiente che lo circonda. Del mondo intorno sceglierà un frammento, perché l’haiku non tocca le cose, ma carezzevolmente le sfiora, con delicata leggerezza.

 

Sorprendentemente questo tipo di poesia riesce ad operare una perfetta conciliazione tra due principi spesso in antitesi: la leggerezza e la precisione. Pasquale Misuraca scrive nella sua postfazione che la scelta degli haiku deriva dalla sua predilezione per la precisione, e per la brevità, e il suo mirare al passaggio dalla prosa distratta alla poesia concentrata. La precisione è l’arte di vivere la vita abbracciando ogni più piccolo dettaglio, perché solo la cura dei particolari è la strada per arrivare all’essenziale. L’haiku, però, rimane un mistero. Non si spiega, né vuole spiegare. Accarezza semplicemente la vita intorno, prestandosi ad infinite letture.

 

Gli haiku di Pasquale Misuraca hanno il mistico fascino delle carezze, dei veli setosi. Ad ogni lettura si coglie una nuova sfumatura. Impreziositi poi dalla rima, che conferisce a questi versi incanto e leggiadria, così da essere postille danzanti, capaci di evocare, con suggestione, preziosi segreti di vita, come “L’erba fiorita”, “Il tuffo svela”, oppure grandi emozioni come “Que bueno seria”, o ancora amabili esortazioni come “Per annegare”. Quando la profondità si sposa con la semplicità, come in questo libro, si è in presenza di un’amabile alchimia.

 

Sono rimasta senza fiato leggendo “Vivo sicuro”. Vivere sicuri del futuro, per me è utopia, e leggere di chi riesce, mi suscita profonda ammirazione, perché vuol dire avere una sana consapevolezza del dono di esserci, non affatto così scontato come il quotidiano indurrebbe a credere. Più di tutti mi è caro l’haiku ”Erba fiorita”, perché custodisce una verità a me molto cara: la bellezza di ciò che nasce nel buio, nel dolore, è pura e sempre giovane, perché forte, felice e grata di esser fiorita. Bellissimo “Que bueno seria”: haiku manifesto di un amore autentico, scrigno di parole e verità che pochi sanno, che pochi vogliono capire: che l’amore talvolta desidera dimenticare, ma per tornare a togliere i veli a quell’originante incanto, troppo bello perché sia svelato una sola volta.

 

Non si può non consigliar la viva lettura di questo libro di Pasquale Misuraca: racchiuse nei Suoi haiku, eccovi, accanto a riflessioni di una vita, fotografie di attimi.

Presentazione di Luisa Piccolo.

Solo nel verso - Benevento. Intervento di Giuseppe Nenna.

 

Intervento di Giuseppe Nenna.


(trascrizione di Luisa Piccolo dai nastri raccolti da Stefania Terra)

 

A me sembra che si sia creato oggi qui fra noi (non succede spesso) un clima particolare per il quale c'è più desiderio di ascoltare che di porre domande. Come se fossimo andati molto dentro l’argomento senza sentire la necessità di una simulazione di domande e di risposte. Vorrei dirvi di queste due persone, Pasquale e Alexandra. Ci conosciamo da pochi anni, e grazie a strumenti elettronici: il blog. Siamo il prodotto di quest’epoca! Prima, ci siamo letti. Addirittura, quando io leggevo “Breve vita di Efthimios”, non capivo se quella fosse una sceneggiatura per un film o la testimonianza di una vita reale. Li ho conosciuti e ho capito che era un pezzo di vita reale.

Con un antecedente, perché io dapprima ho conosciuto la figlia Nefeli che chiamo scherzosamente la mia musa privata, perché è una donna di grandissimo livello culturale. Quasi per combinazione dunque ci siamo incrociati.

Pasquale e Alexandra sono stati coautori di alcune serie di Rai Educational importanti, complici sono anche in questo senso, nel senso che sono in simbiosi! Una di queste è “Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche”. C’erano diverse altre serie che andavano nella direzione di utilizzare diversi linguaggi, il testo, immagini in movimento per fare divulgazione. Alta divulgazione, non bassa divulgazione. Alta divulgazione non significa una cosa difficile, anzi il contrario, significa destrutturare per rendere le cose accessibili a tutti, quindi è un atto di democrazia. Che non significa che sia facile poi entrare nelle cose perché poi c’è lo sforzo, la concentrazione che dicevi tu, Pasquale.

Poi ho conosciuto Alexandra. Alexandra è cipriota. Cipro è l’ultima frontiera europea, divisa tra Cipro turca e Cipro greca. Lei, come ha detto nella sua relazione, ha un pensiero circolare. La differenza tra il pensiero occidentale lineare, e il pensiero, diciamo, orientale (o comunque che fa parte della cultura che noi un po’ abbiamo perso, Giovanni Paolo secondo avrebbe detto il polmone destro dell’Europa) è la circolarità del pensiero. Se il pensiero è circolare, l’individuo sta al centro del pensiero, lo attraversa. Mentre noi tendiamo a pensare tutto in modo regolare. La vita, come noi sappiamo, è tutto fuorché regolare: procede in modo molto diverso da quello che immaginiamo. Alexandra è drammaturga. Ha messo in scena ultimamente un lavoro che si chiama “La Vita della Morte” che affronta uno dei tabù occidentali, la morte. Lo fa, però, in un modo che non ci allontana da quest’evento, ma ci aiuta a comprenderlo. Quindi, queste due persone che vedete davanti a noi, sono persone completamente integrate in una modalità di vita che noi abbiamo perso.

Come avete ascoltato, loro hanno detto due cose apparentemente diverse, ma che sono veramente l’esempio di come si possono vedere dal lato della cultura più contaminato dall’oriente e dal lato più contaminato dall’occidente. Alexandra ha detto: gli haiku sono un’esperienza, non ci deve essere associato per forza un significato. Pasquale ha detto: sono molto concentrato su due versi di un haiku in formazione. Hanno evocato entrambi in modo diverso uno degli elementi centrali della saggezza, parola che viene a noi attraverso un modo di dire latino che è ‘age quod agis’ che significa 'fai quello che stai facendo'. Ora, se ognuno di noi fosse capace di arrivare alla saggezza, di fare esattamente quello che sta facendo, avrebbe queste due esperienze: l’esperienza della concentrazione, da una parte, e l’esperienza dell’attraversamento, dall’altra.

Attraversamento che vuol dire attivare un’altra parte della nostra complessità che è la parte emotiva, che è la parte teoricamente irrazionale - non è irrazionale. Questa irrazionalità ci equilibra, ci rende più equilibrati anche nella relazione. Ad esempio, se vedo una donna che mi piace, certamente si attiva in me la parte irrazionale che è quella sessuale, ma se la conosco e la incontro sarò attratto dalla sua complessità, o anche dalla sua semplicità, da una parola complessa o semplicemente da un gesto. Noi invece siamo abituati a ragionare per comparti separati, come se le cose non facessero parte di un unico cammino e di un'unica persona e questo crea lo squilibrio, ci dissocia, fondamentalmente. Io inviterei Pasquale e Alexandra ad esprimere la loro opinione su questo elemento della concentrazione, su questo ‘age quod agis’.

Intervento di Giuseppe Nenna

Solo nel verso - Benevento. Intervento di Pasquale Misuraca.

 

Nel corso della presentazione di Solo nel verso a Benevento, sono intervenuto, dopo l’introduzione di Stefania Ferrara e le presentazioni di Luisa Piccolo ed Alexandra Zambà, con queste parole - forse interessanti per i lettori del sito-rivista che avrebbero voluto essere presenti all’iniziativa e non hanno potuto (trascrizione di Luisa Piccolo, dai nastri raccolti da Stefania Ferrara):

Pasquale Misuraca

Sono un poeta e scrivo haiku esattamente come un falegname fa sedie. Penso cioè che un artista sia un artigiano, il quale introduce, se è artista oltre che artigiano, qualche novità nella sua arte: nella pittura, nella musica, nella poesia... Vorrei parlarne concretamente però, del processo artigianale-artistico della composizione di una poesia, e in particolare di una poesia haiku.

Considerate questo haiku – lo prendo dal libro: “Un’ombra ruota / nel cielo della stanza / subito vuota.” Ho impiegato una quarantina d’anni a scriverlo. Viene da una somma di pensieri e sensazioni che durano da una vita, da tutte le volte che ho visto, riflesso nel soffitto di una stanza, o sui muri di una casa, l’ombra di una bicicletta che passava in strada. Tutti voi avrete avuto quest’esperienza: la finestra è socchiusa in un certo modo, e l’immagine di ciò che passa fuori si riflette all’interno come ombra in movimento. Questa è un’esperienza che mi ha affascinato sempre: è già cinema... E poi... l’ombra è già la cosa, e non è più la cosa… Tutta la vita ho osservato queste ombre che passano e ci ho pensato, tutta la vita sono stato a testa in giù.

Questa non è ancora una poesia, però. E’ una sensazione. Col passare degli anni, ad un certo punto, ho appreso dai pittori edili che il soffitto della stanza si chiama ‘cielo’. Mi ha colpito molto il fatto che i pittori edili chiamassero cielo il soffitto di una stanza. Poi, tutto questo, probabilmente, si è incrociato con quella bella canzone-poesia di Gino Paoli: “Il cielo in una stanza”. Un titolo meraviglioso.

Insomma, ci sono, ci sono stati, prima di questo haiku, mille sensazioni infantili, adolescenziali, giovanili, c’è il cinema, e ci sono centinaia, migliaia, di pensieri. Questo groviglio ha cominciato a diventare una poesia quando è risuonata nella mia mente la rima: ‘ruota’ ‘vuota’. L’immagine-ombra di una ‘ruota’ che passa è echeggiata nella parola ‘vuota’. L’immagine si è trasformata, ha preso forma, specchiandosi in un suono... Insomma, a un certo punto, questa massa angosciosa e allegrissima, di sensazioni, di ricordi, di osservazioni, di anni... è cominciata a diventare un canto, una poesia.

Di solito a me le poesie vengono in rima, perché sono stufo di questo eccesso di libertà di parola del nostro tempo. Un tempo nel quale gli essere umani vivono e parlano in prosa. Dissipano, sciupano, ripetono, una grande quantità di parole, una grande quantità di gesti. Questa cattiva abitudine si è estesa fino alla poesia. La poesia è stata invasa da quest’eccesso di libertà, da questa libertà... “adesso vi dico cosa ho nello stomaco, vi vomito quello che ho dentro e voilà: ho fatto la poesia”! Ma l’arte non è un vomito. L’arte per me è dare un ritmo, dare un senso. Ecco perché privilegio la rima. Perché la rima costringe ad un ritmo economico, essenziale, preciso.

Voglio raccontarvi ora come sta nascendo in me un haiku. Saranno due settimane che mentre vivo, mentre scrivo, mentre scrivo altre cose, mi tornano in mente due versi… ‘giorni felici’ e ‘fiori recisi’...

È un’assonanza - tecnicamente, non una rima, c’è corrispondenza di vocali, non di consonanti... Se uno ci riflette sopra, i giorni felici sono troncati, recisi immediatamente, di colpo, come i fiori recisi che vediamo ogni giorno dai fiorai. Che strazio... Non posso passare davanti ad un fioraio e vedere questi fiori recisi - non capisco perché non vendono soltanto piante con le radici. Non posso passare davanti ad un fioraio…è come andare in macelleria…vedo questi cadaveri...

Sono solo due versi, questi, di cinque sillabe, due versi buoni per un haiku, ma non è ancora una poesia. Stanno lì, e mi perseguitano. Passeranno anni forse; forse un giorno, se seguirete il lavoro di Peppe, di Alexandra, mio e di altre persone che scrivono di musica, di cinema, scienza, su questo nostro sito-rivista, scoprirete che finalmente questa prima scoperta che ho fatto – la profonda corrispondenza di forma e di contenuto tra ‘giorni felici’ e ‘fiori recisi’ – sarà diventata una poesia. Adesso non è ancora una poesia, però c’è già qualcosa, che mi spinge a comporre, costruire un haiku, una ‘sedia’ – riprendo il discorso iniziale - un oggetto artigiano che visto, letto da un ragazzino indiano tra duecento anni gli farà cogliere di colpo una corrispondenza forma-contenuto, forse, e magari farà di lui uno scienziato o un artista o un santo solo perché avrà capito che c’è una corrispondenza tra la felicità e la recisione, tra i giorni ed i fiori.

Intervento di Pasquale Misuraca

Solo nel verso - Benevento. Intervento di Alexandra Zambà

 

Dopo aver presentato Solo nel verso a Benevento, intervenendo nel corso della discussione, sollecitata da una domanda diretta di una studentessa partecipante all’evento, Alexandra Zambà ha parlato così (trascrizione di Luisa Piccolo, dai nastri raccolti da Stefania Ferrara):

Non so se ho capito bene quello che mi chiedi di dire. Posso parlare di quello che minimamente so, e penso di sapere un minimo qualcosa sulla ‘concentrazione’. Forse intendi la ‘concentrazione’ come elemento principale ed indispensabile per una produzione intellettuale.

Di solito le persone non si applicano in maniera concentrata, anche alla produzione intellettuale, e non si applicano perché non trovano il piacere della applicazione concentrata. Noi, come animali, se non troviamo il piacere in una attività non riusciamo a produrla e riprodurla. Il piacere che io personalmente trovo e provo studiando, indagando, passando da una vena di ricerca all’altra per riuscire a convogliare le forze, è come un fiume, le acque di un fiume, per riuscire ad abbeverarmi e giungere ad un risultato che non so in partenza.

Anche costruendo l’ultimo spettacolo che ho fatto mi interessava capire un po’ di più sulla morte; volevo capirne alcuni significati e alcune valenze, volevo capire, parlarne con gli altri, e per poter fare ciò non ho studiato solamente le parole della letteratura, ma anche i fenomeni dell’antropologia. Sono andata a vedere e studiare frange ampie della conoscenza per riuscire a capire meglio quest’argomento, e come proseguire.

Come diceva Pasquale, non basta una vita per darsi una spiegazione, perché la morte non si può spiegare. Si può tuttavia costruire un approccio metodico di conoscenza, un avvicinamento progressivo alla cosa. Certo non c’è una e una sola regola. Io personalmente posso stare per 24, 48 ore, Pasquale lo sa, senza muovermi dal tavolo di lavoro, perché è una catena che mi tiene; perché è come un bambino che impara a camminare… sta in pedi, cammina sempre, fin quando, estenuato, casca a terra. Questo modo di fare si basa sul bisogno di avere una continuità di pensiero; penso che si sviluppa il mio pensiero mentre mi occupo tutta di una cosa. E più apprendo notizie trasversali, più mi interessa la cosa stessa, e più sono sollecitata ad andare avanti, e questo voler andare avanti, con la paura di perdere quel filo che sei riuscita così magicamente ad “acchiappare”, quel filo lo tieni stretto e vuoi andare avanti e questo ti aiuta e hai bisogno di questa concentrazione.

Vorrei aggiungere una cosa che è pertinente con il libro di poesie haiku di Pasquale. Quel testo per uno spettacolo teatrale che ho scritto e di cui dicevo è un testo poetico che si intitola La Vita della Morte. Sono fermamente convinta che la poesia, quando si pubblica in forma di libro, normalmente non si legge - si legge poca poesia, le persone si ritraggono dalla lettura quando sentono che si tratta di una poesia: sembra qualcosa di molto astruso. E in effetti spesso lo è: i poeti spesso adoperano un linguaggio difficile, un immaginario esclusivo, personale, che impediscono agli altri di comprenderlo e condividerlo, di entrarci dentro. Ecco perché secondo me il valore dell’haiku: l’haiku è qualcosa che si fa anche senza aggettivi, le parole adoperate sono quelle elementari, quelle che adoperiamo tutti i giorni, quelle più familiari.

Il teatro, questo che ho fatto io, era in più lingue contemporaneamente, ed era in una forma della poesia fatta per raggiungere un vasto pubblico, e infatti l’ha visto un vasto pubblico, di varia estrazione culturale, è riuscito ad avvicinarsi, appassionarsi, sensibilizzarsi.

Io credo che la poesia è qualcosa che appartiene a tutti. Per fare un’aggiunta a quello che dicevi, Pasquale, riguardo al cielo di una stanza, mi riferisco a quell’haiku che dice “Nel cielo cieco / di sole e di luna / gioca un geco.”, ricordo di una volta, mi trovavo a Bassano Romano, sono entrata a cercare una casa - cercavo una casa per mia madre - e c’era una signora, una popolana che mi ha accompagnato su dicendomi: “Signora, questa è una bella stanza, però come vede è bassa di cielo”. Ecco. Di solito le persone dicono metafore, almeno le persone “del passato”, più è grande l’età e più si usano metafore. Le metafore sono vicine alla poesia. Adesso, oggi, la lingua si è molto standardizzata, magari ampliata come vocabolario, ma standardizzata, e queste ricche metafore tendono a scomparire. La signora di Bassano Romano ha detto “questa stanza è bassa di cielo”, una cosa più poetica di così… si muore, diceva qualcuno.

Intervento di Alexandra Zambà

Solo nel verso - Lettura critica di Stefania Mola

 

Lettura critica di Stefania Mola.

(http://squilibri.splinder.com - 11 dicembre 2008)

 

Per le rime

 

Ogni cosa piccola è bella
(Sei Shōnagon)


Semplici, colloquiali, accessibili. Brevi e precisi. Sono gli haiku nella riflessione di Barthes e il tranello teso alla smania tutta occidentale di gravare d'un prezzo (e d'un peso) il simbolo e la metafora. Essenziali, come le cose che spesso sfuggono allo sguardo. Intelligibili, eppure insensati: gli haiku sono ospitali, spalancano le loro porte ad ogni interpretazione, si fanno abito a misura dei nostri sensi e dei nostri significati.


Vale la pena
la morte se la vita
vive appena.


Lontani dal «travaglio retorico» della letteratura, offrono semplicemente poche parole e nessun riflesso, un'immagine opaca e molte possibilità, pena il tradimento dell'immediatezza dell'immagine. Come la poesia (e l'«emozione poetica») non possono essere spiegati, ma diversamente da essa non mirano ad un senso universale e condiviso. Soprattutto, accorciano le distanze tra chi scrive e chi legge.

 

A primera luz
voy a echar de menos
todos menos tú.

 

Se alla loro composta (e sofferta) selettività, capace di comunicare il massimo utilizzando il minimo (quel momento e quella impressione nell'immediatezza dell'attimo), aggiungiamo la rima, ne avremo la variazione sul tema che Pasquale Misuraca propone nelle pagine di Solo nel verso. Divertendosi, consapevole che le parole possono fare a meno dello spreco che il dire tutto spaccia per libertà.

 

Albeggia. Esco
e nel viola scoppiano
fiori di pesco.

 

Scorrono cose belle, prossime, abituali in questa piccola dimensione rimata che si affranca dal soggetto e dal tempo. Mi piacciono il gioco, la levità, il filo rosso che s'insinua tra questo ed altri mondi possibili; perché – anche se non possiamo raccontarlo – sappiamo che qualcosa, in questi versi, accade.

 

Que bueno sería
olvidarte y descu-
brirte todavía.

Lettura critica di Stefania Mola

Solo nel verso - Sulla traduzione degli haiku rimati

 

Il 9 novembre 2008 sulla questione delle traduzioni di poesie ho pubblicato un post – seguito da interessanti commenti:

 

Un amico di quelli che leggono il sito-rivista colazionando, mai lo commentano apertamente scrivendo, sempre lo discutono a quattr’occhi passeggiando, m’ha chiesto cosa penso delle traduzioni di poesie ed in particolare delle traduzioni eventuali future di Solo nel verso.

Gli rispondo qui, sperando che si decida a dialogare (anche) commentando.

Caro M,

le poesie ben tradotte da una lingua ad un’altra sono rare quanto i quadrifogli, e ancora più rari sono gli haiku ben tradotti – e questo semplicemente per colpa della... poesia, che (quando è tale) è fatta di quelle parole, quei ritmi, quegli accenti, quei suoni, quelle risonanze. Niente di più, niente di meno, niente di diverso – come certi volti rari quanto i quadrifogli.

L’altro ieri, aspettando Sogni&Bisogni in una libreria del centro di Roma, ho aperto e letto (e trascritto) questo haiku di Nakamura Kusatao:

yoru no ari
mayoeru mono wa
ko wo egadu.

Tradotto così:

Formiche notturne
una si smarrisce – e
traccia un arco.

Nemmeno il numero delle sillabe corrisponde: da 5/7/5 siamo passati a 6/7/5 – per non parlare d’altro. Ma non è colpa del traduttore: provi chi conosce il giapponese a fare meglio in questo caso di Leonardo Vittorio Arena, e me lo faccia sapere, leggere, sentire.

Quanto ai miei haiku, sono addirittura rimati. Guardate cosa sono stato capace di fare io stesso quando ho tradotto in italiano quelli originariamente scritti in spagnolo: (per esempio)

Me voy – deciste –
olvidaràs mis ojos.
Pero mentiste.

è diventato

Me ne vado – hai detto –
dimenticherai i miei occhi.
Ma hai mentito.

No, la poesia è intraducibile. Qualche volta, per fortuna, un poeta riscrive una poesia di un altro poeta, cioè scrive un’altra poesia. Tutto qui. Il resto è prosa.

 

*

 

Inviato: 9/11/2008 15:13

Sono assolutamente d'accordo con te, anche se purtroppo non conosco tutte le lingue per leggere tutti i poeti che amo, Giulia

 

*

 

Inviato: 9/11/2008 16:05

Caro Pasquale,
considerato che mi tiri per i capelli - sebbene ne abbia pochi - proverò a darti una mia traduzione in italiano del tuo haiku rimato in spagnolo:

Vado - hai detto -
scorderai i miei occhi.
Ma hai mentito.

M

 

*

 

Inviato: 9/11/2008 17:55

Autore: Pasquale Misuraca

@ Giulia
Per questo leggo e scrivo - preferibilmente in italiano.

@ M
La tua traduzione rispetta la sillabazione 5/7/5, caratteristica della poesia haiku, tuttavia perde per strada l'elemento drammatico del 'vado VIA', e la rima... Comunque, nel complesso, la tua traduzione è buona, forse migliore della mia (che era una semplice, disarmante traduzione... in prosa).

 

*

 

Inviato: 9/11/2008 23:56

"Poetry is what gets lost in translation". Robert Frost
La poesia e' tutto cio' che non puo' essere tradotto
(come diceva anche Sofia Coppola). Ma tradurre e' tradire a fin di bene.

 

*

 

Inviato: 10/11/2008 14:46

Autore: Pasquale Misuraca

{Tonio mi manda - per lettera - un commento su Solo nel verso, il libretto di poesie haiku del quale gli ho spedito - via posta - una copia in carcere. Lo trascrivo e lo pubblico.}

Caro Pasquale,
[...] Ti ringrazio per il libretto che mi hai regalato, sinceramente mi sono precipitato a leggerlo con tanta curiosità. Le poesie a me piacciono e ti faccio i miei complimenti per la tua pubblicazione. Mi è piaciuto più di tutti l'haiku "Que bueno serìa", forse perché ho voluto sentirlo anche mio. Quelle poche parole hanno toccato qualcosa in me, ho spaziato con la mente e ho desiderato rivivere alcune emozioni.
Il mio modesto commento è che una poesia deve toccare l'anima di una persona, deve sfiorare quelle corde più nascoste, quando ciò avviene significa che non è più del poeta ma di tutti coloro che vogliono sentirla propria.
Ho voluto dirtene solo una di poesia ma ce ne sono anche altre. [...]

 

*

 

Inviato: 18/11/2008 22:48  Aggiornato: 18/11/2008 22:48

Autore: Antonio Ferrante

Caro Pasquale

per misurare una differenza abissale tra due modi di fare poesia potrebbe essere utile leggere “une charogne” da “les fleurs du mal” ( spleen et idéal XXIX) di Baudelaire da confrontare poi con “Dentro un orto” da “Solo nel verso”.

In Baudelaire tutto deve essere detto, in “Dentro un orto” tutto è detto, come in una tela lacerata, come in una “fragile essenza d’apparizione” (Barthes).

Uno tra i tanti haiku che ho trovato “folgorante” è

All’alba muti
Sui gelsi mutilati
Storni dispersi

Dove a dare forza all’immagine si aggiunge l’eleganza delle allitterazioni.

Trovo che nei tuoi haiku l’“allargamento al campo delle cose umane” avvenga dopo aver attraversato con leggerezza il mondo delle cose naturali.
E’ per questo che li ho apprezzati particolarmente.

 

*

 

Inviato: 19/11/2008 6:47

Autore: Pasquale Misuraca

@ Antonio Ferrante

Ti ringrazio del cornucopico, illuminante commento critico.

Due parole sull'haiku che citi intero.

Sai da dove è iniziato a nascere 'All'alba muti'? Dal fatto che sono una specie di Marcovaldo, esiliato dalla vita traditora in città. A Roma gli alberi sono spesso potati male. Potati... diciamo pure 'mutilati'... ecco la parola che mi dico e dico spesso intorno a me passando accanto agli alberi fratelli.

Ebbene, mi trovo, in un'alba romana, lungo un viale di gelsi mutilati, sui quali stanno straniti gruppetti di storni muti... gelsi mutilati... storni muti... Prima di tornare a casa l'haiku si era composto nella mia mente, che in questo modo si era liberata dall'angoscia della mutilazione oscena, e del silenzio dei dispersi...

'Dispersi' m'è venuto in mente ripensando ad 'America' di Franz Kafka, il cui titolo originale è 'Il disperso', appunto... Kafka disperso dal grande gruppo protettivo degli uomini-storni...

 

*

 

Inviato: 19/11/2008 8:36

Une Charogne

Rappelez-vous l'objet que nous vîmes, mon âme,
Ce beau matin d'été si doux:
Au détour d'un sentier une charogne infâme
Sur un lit semé de cailloux,

Le ventre en l'air, comme une femme lubrique,
Brûlante et suant les poisons,
Ouvrait d'une façon nonchalante et cynique
Son ventre plein d'exhalaisons.

Le soleil rayonnait sur cette pourriture,
Comme afin de la cuire à point,
Et de rendre au centuple à la grande Nature
Tout ce qu'ensemble elle avait joint;

Et le ciel regardait la carcasse superbe
Comme une fleur s'épanouir.
La puanteur était si forte, que sur l'herbe
Vous crûtes vous évanouir.

Les mouches bourdonnaient sur ce ventre putride,
D'où sortaient de noirs bataillons
De larves, qui coulaient comme un épais liquide
Le long de ces vivants haillons.

Tout cela descendait, montait comme une vague
Ou s'élançait en pétillant
On eût dit que le corps, enflé d'un souffle vague,
Vivait en se multipliant.

Et ce monde rendait une étrange musique,
Comme l'eau courante et le vent,
Ou le grain qu'un vanneur d'un mouvement rythmique
Agite et tourne dans son van.

Les formes s'effaçaient et n'étaient plus qu'un rêve,
Une ébauche lente à venir
Sur la toile oubliée, et que l'artiste achève
Seulement par le souvenir.

Derrière les rochers une chienne inquiète
Nous regardait d'un oeil fâché,
Epiant le moment de reprendre au squelette
Le morceau qu'elle avait lâché.

- Et pourtant vous serez semblable à cette ordure,
A cette horrible infection,
Etoile de mes yeux, soleil de ma nature,
Vous, mon ange et ma passion!

Oui! telle vous serez, ô la reine des grâces,
Apres les derniers sacrements,
Quand vous irez, sous l'herbe et les floraisons grasses,
Moisir parmi les ossements.

Alors, ô ma beauté! dites à la vermine
Qui vous mangera de baisers,
Que j'ai gardé la forme et l'essence divine
De mes amours décomposés!

---

Dentro un orto
si gonfia di silenzio
un cane morto.

Sulla traduzione degli haiku rimati

Solo nel verso - Un post completo di commenti

 

Il 9 dicembre 2008 Habanera, sul suo Nonblog, ha pubblicato un post-recensione-illustrazione-cinemazione del mio primo libro di poesie haiku 'Solo nel verso'.

 

Metto a disposizione dei lettori-visionatori-ascoltatori del sito-officina:

 

Post

http://habanera-nonblog.blogspot.com/search/label/Fulmini

 

e Commenti

https://www.blogger.com/comment.g?blogID=8975412562164221856&postID=7948988918606656842

Un post completo di commenti
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