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Le ceneri di Pasolini - CHI HA UCCISO PASOLINI?

 

Per vedere-e-sentire un video di 4' 29" su questo tema.

Chi ha ucciso Pasolini?

Le ceneri di Pasolini - Dichiarazione del regista

 

Le ceneri di Pasolini è nient'altro che un autoritratto di Pier Paolo Pasolini. Un film documentario, una raccolta di materiali selezionati e ordinati con acribia filologica e rigore storico-critico, fortemente caratterizzato da un andamento e una strutturazione soggettiva, poetica. Un film documentario di poesia nel quale ai documenti non si sovrappone autoritariamente la voce fuoricampo dell'Esperto, che tutto riconduce e riduce a una piramidale geometrica rassicurante gerarchia di spiegazioni. Le ceneri di Pasolini è perciò la narrazione autobiografica della propria avventura umana e artistica, complessa, contraddittoria e irriducibile, realizzata dal più grande poeta italiano del secondo dopoguerra sotto l'impulso dell'estremo grido majakovskijano: "Professore, si tolga gli occhiali biciclo. Io stesso racconterò del tempo, e di me".


Ho pensato e affermato pubblicamente, nel corso di questi ultimi anni, che il cinema e la televisione sono due diverse forme di comunicazione artistica, due diversi linguaggi, arrivando alla polemica teorizzazione del 'cinerna come arte spaziotemporale' e della televisione come arte audiovisiva'. Nello stesso tempo ho cercato di criticare l'opinione dominante secondo la quale il cinema ha una vocazione naturalistica, oggettiva, documentaria da un lato, e dall'altro una natura onirica, soggettiva, fantastica. E ho sostenuto che il grande cinema è sempre l'una e l'altra cosa insieme, facce della stessa medaglia: pensate a La passione di Giovanna d'Arco di Dreyer, a Ladri di biciclette di De Sica, a Nashville di Altman.

 

Poi, in questi febbrili ultimi mesi di lavoro, ho realizzato Le ceneri di Pasolini. Un film che è ancora un documentario, una biografia che è anche una autobiografia, un'opera di prosa che è anche un'opera di poesia. E lavorando mi è parso di mostrare come e quanto possa rivelarsi efficiente la 'teoria delle due facce'. Il fatto è però che questo lavoro è nello stesso tempo cinematografico e televisivo, sembra comprendere l'impianto spazio temporale e l'impianto audiovisivo. Se questo fosse vero, vorrebbe forse dire che, oltre al cinema e alla televisione, c'è la possibilità di elaborare una nuova forma di linguaggio e di comunicazione artistica. Ho detto troppo? Ma questa è semplicemente la 'dichiarazione dell'autore', il quale è sempre ossessionato dalla ricerca della verità (possibile solo nell'esercizio dell'attività creativa, e non nella vita politica, pratica). Come scriveva Marx (vi ricordate di Marx?): 'La natura dello spirito è sempre ancora la verità, e quale natura gli date voi? La modestia. Solo lo straccione è modesto, dice Goethe; volete voi fare del vostro spirito uno straccione?'.

 

[Pasquale Misuraca, Festival di Torino, 1993]

dichiarazione del regista

Le ceneri di Pasolini - Presentazione del critico

 

Lirico ed affascinante documentario su Pier Paolo Pasolini, sicuramente il più idiosincratico fra i cineasti italiani. Il film include alcuni frammenti accuratamente scelti dalla sua opera e molte interviste con lo sferzante e mordace maestro, riportate alla luce dagli archivi televisivi italiani. Pasquale Misuraca vede il film come un autoritratto di Pasolini. Il materiale meticolosamente raccolto è organizzato secondo le idee filosofiche, cinematografiche e politiche dello stesso Pasolini. L’opera e la visione di Pasolini erano ampiamente formate sulla poesia, così anche questo film (e con lui - il film avrebbe potuto intitolarsi Pasolini su Pasolini) ha una struttura molto poetica. Ecco perché Misuraca non ha fatto uso della voce fuori campo di qualche “esperto”; è il maestro stesso che parla.

 

Misuraca non ha voluto conformarsi alla convenzione naturalistica del fare i documentari; ha voluto utilizzare gli aspetti poetici di un film fiction nel fare un documentario.

Questo film, fatto originariamente per la televisione, ignora completamente le convenzioni televisive. Da vero figlio di Pasolini, Misuraca si cimenta con l’idea che un nuovo linguaggio artistico possa essere sviluppato oltre il cinema e la televisione. Si rende conto che questo non è un pensiero modesto, ma per lui la modestia nel pensiero è la povertà (e cita Marx ponendo la questione “Vi ricordate di Marx?”). Misuraca senza dubbio ricorda Pasolini, il quale era tutt’altro che un “povero” cineasta.

[Emile Fallaux, dal catalogo del Rotterdam International Filmfestival, 1994]

Presentazione del critico

Le ceneri di Pasolini - Una recensione

 

Forse nessuno ha definito, irriso, sferzato la televisione con maggiore asprezza e precisione di Pier Paolo Pasolini: ma adesso proprio i materiali televisivi sono gli unici a conservare e ricordare (al di là del pensiero, dell’opera) l’immagine del suo viso variante nel corso del tempo, il suono della sua voce, la misura dei suoi gesti, la forma del suo corpo, la forza del suo fascino.

Le ceneri di Pasolini, realizzato in collaborazione con Fuori Orario di Rai3 da Pasquale Misuraca, appena presentato al Forum del FilmFest di Berlino, è un esempio molto interessante di documentario e insieme di film, di biografia e insieme di autobiografia, di saggio e insieme di poesia: così intitolato in assonanza a Le ceneri di Gramsci perchè “Pasolini è stato il poeta delle rovine, delle macerie, delle ceneri di questo vecchio mondo” e perchè l’arte audiovisiva è l’arte delle ombre della realtà, arte delle ceneri”.

Non diversamente dal “Rossellini” di Adriano Aprà, pure presentato a Berlino l’anno scorso, e inoltre un esempio di quale gran risultato di ritrattistica e di memoria sia possibile ottenere utilizzando i materiali d’archivio televisivi e quel montaggio che, diceva Pasolini, “è un po’ come la morte: finché un uomo non muore, non si sa bene chi sia stato”.

Le ceneri di Pasolini, per ricomporre il percorso della vita e dell’opera, usa cronologicamente numerose interviste o dichiarazioni di Pasolini alla Tv, in particolare i suoi dialoghi con Enzo Biagi, Oreste del Buono, Francesco Savio: usa con l’intelligenza pertinente e commuovente citazioni da film pasoliniani, immaginazioni dei luoghi cruciali della sua esistenza, fotografie d’infanzia e di giovinezza, documenti visivi dei suoi viaggi o di letture dei suoi versi o delle sue partite di calcio. Tutto questo è accompagnato, intervallato, conclusa dall’andare d’una automobile bianca al buio: sagoma chiara appena percettibile, la macchina gira per Roma, come nella notte, rallenta tra le luci acide della stazione Termini, sosta per far salire a bordo un’ombra confusa, si ferma in uno spazio deserto nel compiersi d’un appena alluso e accennato tragitto verso la morte.

Le immagini fisiche di Pasolini, la voce mite e insieme prepotente, sottile, paziente e ricattatoria che racconta di sé e del suo lavoro finiscono con l’apparire più forti delle parole, dei ricordi evocati. L’antifascismo “scattato leggendo la poesia di Baudelaire”. Il fratello che “rappresentò quello che io avrei voluto essere”. Il rifiuto del conforto: “Non cerco consolazioni, cerco piccole gioie”. Lo scrivere, “un’abitudine come mangiare o dormire”. Il fare film: “Tema del mio cinema è sempre il conflitto tra il mondo popolare e il mondo borghese”. La fine della speranza: “La parola speranza è cancellata dal mio vocabolario; continuo a lottare in battaglie parziali, giorno per giorno“. La persistenza della passione: “Ho infinita fame dell’amore di corpi senz’anima”. L’invocazione alla madre “Ti supplico, ti supplico, non voler morire”.

Di italiani, al 44° FilmFest di Berlino, se ne son visti tanti: Bernardo Bertolucci e Sophia Loren come icone glamour, Carlo Lizzani in giuria; l’Italia del dopoguerra (Cari fottutissimi amici di Mario Monicelli), l’Italia della mafia (Il giudice ragazzino di Alessandro di Robilant), l’Italia degli immigrati (Articolo 2 di Maurizio Zaccario); il dittatore Gian Maria Volontè in Tirano Banderas di José Garcia Sanchez. Tra tutti, l’italiano de Le ceneri di Pasolini resta il più eloquente e profetico, il più esigente e furente, il più grande, il più amato.

[Lietta Tornabuoni, L’Espresso 25 febbraio 1994]

Una recensione

Le ceneri di Pasolini - Pasolini e Gramsci

 

Roma, 28 ottobre 1998

 

Caro Peter [Kammerer],

 

[...]

 

In queste settimane ho dovuto revisionare la mia ultima sceneggiatura – scritta con Luis Razeto, intitolata Getsemani, in cui la vita di Gesù di Nazaret è descritta in maniera complessivamente diversa da tutte le opere precedenti incentrate sui suoi atti e sulle sue parole, compreso “Il Vangelo secondo Matteo” di Pasolini. Si tratta, per dirla brevemente e quindi oscuramente, di un’opera che cerca di rivalutare un grande, grandissimo intellettuale, rispetto al quale il cristianesimo risulta essere una riduzione, una ri-conduzione alle religioni precedenti, fondate sul “sacrificio”.

 

Grazie delle parole d’apprezzamento del mio film-documentario Le ceneri di Pasolini [...]

 

Ed ecco venuto il momento di scriverti due parole sul tuo saggio “Progresso e regressione: un dibattito intorno a Pier Paolo Pasolini”. Sono d’accordo sull’insieme, e molti pensieri ho potuto pensare seguendo il corso dei tuoi pensieri. In particolare, tu interpreti la “regressione” opposta da Pasolini allo “sviluppo” e al “progresso” come rivalutazione di una determinata parte del passato, come ri “valutazione dell’importanza di tutto quanto lo sviluppo e il progresso hanno represso, rimosso e eliminato”. E trovi qui l’origine profonda del “dissenso” di Pasolini da Gramsci. Penso che tu abbia sostanzialmente ragione. La rivalutazione di determinati “detriti” e “relitti” del passato: “frammenti dei miti, concezioni religiose, ricordi primordiali” fa di Pasolini “il più importante critico contemporaneo dei processi di modernizzazione”.

 

Vorrei solo aggiungere ancora qualcosa sulle ragioni intellettuali della diversità di atteggiamento e di pensiero tra Gramsci e Pasolini.

 

Gramsci prigioniero scrive i “Quaderni” in un momento di crisi storica iniziale del mondo moderno e di sconfitta dei movimenti politici e intellettuali portatori di una critica del liberalismo e del capitalismo. Egli considera politicamente insufficienti le risposte alla crisi (l’americanismo, il fascismo, il comunismo), e intellettualmente insufficienti le teorie che le sostengono (la sociologia e il marxismo), ed opera una profonda critica e autocritica di queste politiche e di queste teorie, che sfocia nella proposta di una nuova scienza, “la scienza della storia e della politica” come base di una “società regolata”. Gramsci è dunque decisamente orientato al futuro.

 

Pasolini corsaro scrive nel momento di crisi storica conclusiva di quelle risposte e di quelle teorie (dov’è finito il marxismo? dov’è finita la sociologia?), ma non propone nessuna nuova politica e nessuna nuova teoria. Ciò che fa la grandezza di Pasolini è proprio questa assenza di speranza e di teoria: egli può vedere ciò che gli altri intellettuali non possono vedere, schiavi come sono delle vecchie ideologie e teorie, e lo descrive poeticamente (“originale”, scrivi giustamente, è solo il suo “metodo”).

 

Diversamente da Gramsci, che si orienta decisamente verso il futuro, Pasolini si orienta esclusivamente verso il passato (recuperandone “elementi essenziali”). Ma questo è anche il limite di Pasolini, nella misura in cui ricerca nel presente solo ciò che resiste al presente, e non anche ciò che può anticipare il futuro. Infatti, Pasolini scrive da qualche parte – cito a memoria: uso il passato per criticare il presente solo perchè nel presente non trovo nessuna teoria all’altezza del compito, e propone di ritornare a Marx, sviluppando la sua “critica dell’economia politica”. Gramsci, invece, vuole e cerca di andare teoricamente oltre Marx.

 

[...]

 

Cordialmente,

 

Pasquale

Pasolini e Gramsci

Le ceneri di Pasolini - Pasolini e i giovani infelici

 

Ho realizzato quest'opera per tante ragioni, fra queste la grande impressione che m'ha fatto l'unica volta che l'ho visto. Era l’autunno del 1972. Pasolini presentava in una libreria romana Empirismo eretico - un suo libro/raccolta di saggi. Andai a spiare il dialogo di un poeta con gli intellettuali del suo tempo. Niente intellettuali. Trovai un corsaro assediato da un pugno di giovani infelici che lo interrogavano, ed erano più le domande che lui faceva loro che loro a lui.

Pasolini e i giovani infelici

Pasolini's Ashes

La versione di Rotterdam (English subtitles)  / International Documentary Film Festival di Rotterdam 1994. Durata: 80 minuti.

Pasolini's Ashes

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