Pasquale Misuraca
Amorosa Caterina - La natura ideologica di questo documentario
Nel 1995 ho protestato attivamente contro la persistente divisione di Cipro – causata dalla invasione militare turca del 1974 – facendo un documentario che riunifica icasticamente l’isola divisa attraverso la figura di Caterina Cornaro, straordinaria donna regina di Cipro dal 1474 al 1489.
Ho realizzato l’impresa con la collaborazione essenziale della donna della mia vita Αλεξάνδρα Ζαμπά – Alexandra Zambà, grecocipriota. E nel corso delle riprese ho cominciato a conoscere Ümit İnatçı – Umit Inatci, turcocipriota-, grande pittore e letterato mediterraneo ed europeo (vedi e leggi la rubrica ‘lo spacco’ nel sito-rivista www.fulminiesaette.it).
Amorosa Caterina - La scheda tecnica
AMOROSA CATERINA è un documentario in Beta SP, a colori, della durata di 25 minuti, realizzato nell'isola di Cipro e nella penisola d'Italia nel 1995.
SINOSSI: Autunno del 1995. A Nicosia Capitale Culturale d'Europa giunge il ritratto pittorico di Tiziano Vecellio a Caterina Cornaro, Regina di Cipro nell'autunno del '400. L'immagine fantasmatica di Caterina si libera della cornice e diventa la nostra guida in un viaggio di riscoperta delle tracce della cultura italiana nell'isola divisa.
Soggetto, sceneggiatura, montaggio, regìa: Pasquale Misuraca
Assistenti alla regìa: Nefeli Misuraca, Marcello Simonetta
Fotografia: Giuseppe Schifani, Vasilis Vatyliotis
Suono: Maurizio Argentieri
Collaborazione al montaggio: Alessandro Cottani, Mauro Nonnis
Musica: Antonio Vivaldi (Le Quattro Stagioni)
Produzione: ALLA s.c.r.l.
Co-produzione: STUDIO 19 s.r.l.
Distribuzione: ALFAZITA di Alexandra Zambà
Amorosa Caterina - Lettera Raccomandata ad un Professore Avvocato
PASQUALE MISURACA
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ALLA s.c.r.l.
Via dei Reti, 29/a Roma
Roma, 22 settembre 1995
Prof. Avv. AUGUSTO SINAGRA
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Viale Gorizia, 14 Roma
Egregio Prof. Sinagra,
nel documento che ci impegnava relativamente alle condizioni della diffusione del documentario TRACCE DELLA CULTURA ITALIANA A CIPRO (titolo definitivo: AMOROSA CATERINA), Lei ha scritto che la Sua valutazione sarebbe stata “esclusivamente limitata a verificare l’assenza di qualsiasi commento politico o riferimento politico a circostanze, persone, fatti, motivi, immagini, interviste, commenti e quant’altro abbia attinenza con quanto verificatosi sull’Isola di Cipro successivamente al Trattato anglo-greco-turco di Zurigo del 1960 e fino ad oggi”. “Esclusivamente limitata” recita il testo e, per amor di chiarezza, tale specificazione restrittiva è graficamente sottolineata.
Orbene, nella Sua lettera-fax del 20 settembre 1995, dopo aver visionato la videocassetta che Le ho inviato il 18 settembre 1995, Lei lamenta che:
1) “il documentario omette qualsiasi riferimento alla presenza sociale, culturale e religiosa turco- cipriota sull’isola, che all’epoca di Caterina Cornaro era, se non prevalente, certamente pari a quella greco-cipriota”;
2) “ogni riferimento a luoghi e città viene puntualmente espresso secondo la toponomastica greca ... “;
3) “tutti i Suoi collaboratori sono greci!”
Per queste “ragioni”, Lei ritiene che il documentario “si risolve surrettiziamente in un “commento politico” (anzi, di più, in una presa di posizione politica tendente a rappresentare Cipro come un’Isola esclusivamente e storicamente greca)”. E nega la Sua autorizzazione alla diffusione dell’opera.
Ora, prof. Sinagra, io penso invece che Lei non abbia alcuna ragione di sollevare queste obiezioni, e di chiedere correzioni del documentario come condizione della sua diffusione e commercializzazione. Le dimostro di seguito il perchè.
Punto 1). Caterina Cornaro è stata Regina di Cipro dal 1472 al 1489. Affermare, come Lei fa, che a quell’epoca “la presenza sociale, culturale e religiosa turco-cipriota sull’isola era, se non prevalente, certamente pari a quella greco-cipriota”, è affermare il falso. Consideri nuovamente le date storiche e non potrà non convincersene. Questo per ciò che attiene a “quell’epoca”.
Veniamo all’oggi, all’anno 1995, durante il quale il documentario è stato realizzato.
Non ha notato che il filmato si apre con il dialogo fra Caterina con quattro bambini, due turco-ciprioti e due greco-ciprioti (citati all’inizio dei titoli di coda coi loro nomi e cognomi: Seren Yashar, Can Omer, Anna Papadopoullou, Natalia Papaeystathioy)?
Non ha visto quella madre e quel bambino turco-ciprioti pregare nella Cattedrale-Moschea di Nicosia (mentre la voce fuori campo di Caterina Cornaro, nostra guida nel viaggio, dice testualmente “ la Moschea ... Cattedrale di Santa Sofia”, così come, in un altro momento, di fronte alla Moschea-Cattedrale di Famagosta, dice testualmente “la Moschea ... Quando venni a Cipro era la Cattedrale di San Nicola”)?
Non ha sentito quelle voci di uomini e donne, vecchi e bambini turco-ciprioti che affiorano più volte e in diverse inquadrature ?
Non ha letto nei titoli di coda i ringraziamenti non solo a Musei greco-ciprioti ma anche turco-ciprioti (Museo di Pafos e Museo del Bastione Djamboulat di Famagosta, eccetera eccetera)?
Potrei continuare, ma credo basti su questo punto e per ciò Le dico: riveda più attentamente il documentario e non potrà non convenire con me.
Punto 2). Ogni riferimento a luoghi e città viene puntualmente espresso all’interno del documentario non “secondo la toponomastica greca”, come Lei sostiene, ma precisamente con la traduzione in lingua italiana dei loro nomi. Per esempio, Famagosta è nominata appunto Famagosta: nè Gazi Magusa, nè Ammochostos; e Nicosia Nicosia: nè Lefkosia, nè Lefkosa... e via dicendo. Non poteva essere che così. Anche su questo dovremmo ora trovarci d’accordo.
Punto 3). Dicendo che i miei collaboratori li scelgo io e con criteri di natura tecnico-professionale riferiti ai miei bisogni d’autore, potrei considerare chiusa la questione. E tuttavia mi spingerò fino a farLe pazientemente notare che fra questi collaboratori figura espressamente Umit Inatci, un noto intellettuale turco-cipriota. Ho scelto Umit Inatci come collaboratore seguendo un criterio - è necessario ripeterlo? - tecnico-professionale, ed egli ha effettivamente partecipato all’opera. Così stanno e non potevano che stare le cose.
Lei, invece, mi invita inopinatamente nella Sua lettera-fax ad inserire nei titoli del documentario, fra la “schiera” dei miei collaboratori, il nome di altri intellettuali -certamente apprezzabili ed apprezzati- che però non conosco e che non hanno partecipato in alcun modo alla sua realizzazione. Mi chiede cioè di dichiarare consapevolmente e pubblicamente il falso. Per “riequilibrare” la “schiera”, scrive. E così chiedendo e suggerendo cerca di reintrodurre proprio quel “criterio politico” che fin dall’inizio e fino alla fine ho esplicitamente e rigorosamente, nelle intenzioni e nei fatti, evitato.
Come vede, nessun “commento politico” e nessuna “presa di posizione politica” può risultare da una calma e serena visione del mio lavoro. Ma allora perchè, da dove questa immotivata negatività del Suo giudizio ? A me pare che tale primo - e credo provvisorio - giudizio negativo tragga origine da un lato dall’evidente frettolosità della Sua visione dell’opera, dall’altro da un pregiudizio di natura politica. Pregiudizio che si manifesta esplicitamente nel punto della lettera-fax in cui Lei ritiene di poter dedurre dall’elenco dei collaboratori effettivi l’identità dei presunti “mandanti” - “mandanti”? sì, ha scritto incautamente “mandanti” - , ma mandanti di che? “mandanti ... del documentario”!
Ora, prof. Sinagra, io non intendo discutere i Suoi pregiudizi politici. Anche perchè i pregiudizi sono per loro natura indiscutibili: precedono il giudizio, lo ostacolano e spesso gli sopravvivono. Mi limito a farLe notare che a Lei compete in questo caso la razionale argomentazione di un giudizio obiettivo e non l’irrazionale espressione di un pregiudizio soggettivo. La libera espressione della soggettività la lasci all’artista, all’autore. Il quale ”autore” - cinematografico in questo caso - è per definizione “colui che non è eteronomo, è assolutamente autonomo, si dirige da sé”, o se preferisce, e nel Suo linguaggio, “colui che non ha mandanti, perchè è il mandante di se stesso”.
Vengo senz’altro alla conclusione della mia lettera notando che, concludendo la Sua lettera-fax, Lei si è dichiarato certo della mia obiettività, ed ha offerto la Sua disponibilità a risolvere una controversia che in effetti, vale a dire sulla base dei fatti, non sarebbe dovuta nemmeno nascere.
Quanto alla mia obiettività, può constatare che mi sono limitato a individuare ed evidenziare puri, semplici, documentabili e documentati fatti obiettivi. Della Sua disponibilità non voglio dubitare. Vorrei però gentilmente invitarLa a limitarsi esclusivamente a verificare l’assenza nel filmato di qualsiasi commento politico o riferimento politico intorno alla attuale questione politica cipriota. E sottolineo “politico” e “politica”. Senza entrare cioè nel campo sociale, culturale, religioso, professionale, tecnico e chi più ne ha più ne metta.
Naturalmente, spero che non intenda replicare a questa pur necessaria puntualizzazione che “tutto è politico”, e perciò anche il sociale, il culturale eccetera: questione metodologicamente molto vaga, che ci porterebbe inutilmente lontano dalla soluzione del problema che stiamo affrontando e che dobbiamo rapidamente risolvere, e sulla quale mi sono espresso in altra sfera intellettuale con diverse pubblicazioni specialistiche. Lei saprà infatti che prima di dedicarmi alle ragioni dell’arte cinematografica ho esercitato la professione di scienziato della politica. Sì, ad un certo punto ho accantonato la politica e la sua scienza, e proprio per dedicarmi anima e corpo al cinema e alla sua arte. E dunque non mi tiri per i capelli nella politica, prof. Sinagra. Lo hanno fatto i veneziani con Caterina Cornaro a suo tempo e nemmeno lei ne ha gioito.
Resto in attesa di una Sua rapida, conclusiva ed affermativa risposta riguardo alla autorizzazione che Le compete, e intanto Le faccio avere i miei cortesi saluti.
Pasquale Misuraca