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Il segreto di Franz Kafka. 1999 - Soggetto per un film-documentario

 

Soggetto per un film-documentario di Pasquale Misuraca

 

Il film narra l'ultima parte della vita di Franz Kafka. La sua struttura è quella propria di un film a soggetto, con attori che interpretano le persone del dramma, una trama articolata di avvenimenti, una storia capace di avvincere il vasto ed eterogeneo pubblico delle sale cinematografiche.

 

Intimamente connessa all'azione romanzata dei personaggi, secondo la forma propria della scrittura kafkiana - che si può ben definire con la formula sintetica del "realismo magico" - affiora più volte nel corpo del film una serie di materiali documentari d'archivio, usati non in chiave saggistica ma poetica.

 

Sviluppando il modello di rappresentazione audio-visiva di testi letterari già sperimentato nel PROGETTO POESIA e in AUTORITRATTI VAGABONDI si tratta di di dare nuova vita e inattesa forma a materiali audiovisivi riscoperti e adoperati non come "materiali documentari" che descrivono oggettivamente una certa società e un determinato tempo storico ma piuttosto come "materiali filmici" che mettono soggettivamente in immagine e suono le emozioni dei personaggi implicati nella vicenda narrata.

 

Il film inizia nella stanzetta di una pensione di Kierling, vicino Vienna, a poca distanza dal sanatorio in cui il visionario scrittore di Praga ha da poco concluso la sua esistenza. E' l'estate del 1924. Dora Diamant, la giovane donna che lo ha assistito fino alla fine, sta preparando la sua valigia. Ad un certo punto si trova tra le mani un fascio di carte manoscritte, s'avvicina alla stufa accesa, apre lo sportellino e vi getta dentro i fogli uno a uno.

 

Ci troviamo di colpo nella camera del sanatorio di Kierling. Franz Kafka, ricoverato per tubercolosi polmonare, è ancora vivo. E' un uomo di quarantuno anni, alto e magro, provato dalla malattia. Cerca di bere acqua da un bicchiere, ma deglutisce con molta fatica. Chiama accanto a sé Dora e le chiede di bruciare nella stufa alcune pagine dei suoi manoscritti che stanno sul tavolo accanto alla finestra. Senza battere ciglio lei esegue l'ordine affettuoso ma fermo. Si guardano negli occhi complici e ridono allegramente.

 

Ecco lo schema del film: nel corso del tempo reale in cui Dora raccoglie le sue poche povere cose prima di abbandonare Kierling dopo la morte dell'amato, attraverso una serie di associazioni che originano naturalmente da situazioni avvenimenti e gesti concreti - uno sguardo dalla finestra sul cielo limpido, un colpo alla porta, la paziente bollitura dell'acqua per il tè, il suono di una voce lontana eppure vicina - torniamo più volte nel sanatorio, nella camera in cui Kafka trascorre le sue giornate accanto all'ingenua e generosa ventenne che ha incontrato l'anno precedente a Muritz, sul Mar Baltico, innamorandosene subito. Lei, che lo ricambia senza risparmio, lo assiste e lo cura giorno dopo giorno, mattina dopo mattina strappa il foglietto del calendario e ne commenta con Franz le quotidiane brevi sentenze. Talvolta canta dolcemente il suo perduto mondo di ebrea polacca chassidica, talaltra si fa raccontare dal suo compagno i momenti più significativi della sua difficile vita di uomo "condannato non solo senza colpa ma anche senza ragione".

 

Intrecciati ai minuscoli eventi che strutturano drammaticamente le giornate dei due amanti - il lento implacabile aggravarsi della malattia, il suo poter soltanto annusare una bottiglia di vino rosso spedita dai genitori lontani, un lungo grido soffocato proveniente da una camera attigua, la ripetuta apparizione sul far della sera sulla ringhiera del balcone di una misteriosa civetta - affiorano alla memoria di Franz e davanti a noi spettatori, attraverso le sue parole e le sue visioni, le figure fondamentali della sua esistenza, il terribile padre e la tenerissima madre, le sorelle gli amici e le amanti, Milena Felice Julie e la commessa che amò per prima a vent'anni, in una camera d'albergo, dopo uno scambio di segnali muti dalla vetrina del negozio di fronte alla sua finestra. Figure ed eventi che affiorano come ricordi e come allucinazioni, nei sogni ad occhi aperti e nei sogni ad occhi chiusi, di giorno e di notte. Tornano come pure immagini e puri suoni a trovarlo alle soglie del suo ultimo viaggio.

 

Altri personaggi partecipano alla storia e vengono a visitarlo in carne ed ossa nel sanatorio. L'amico medico Klopstock che lo assiste di tanto in tanto insieme a Dora. Il giovane letterato Janouch che vuole a tutti i costi completare la sua intervista. L'amato bizzarro zio Siegfried. E Ottla, la sorella preferita fra tutte.

 

In questi brevi incontri, sdraiato sul letto o allungato nella poltroncina sul balcone che guarda il bosco sotto la tiepida luce del sole pomeridiano, Kafka sorbisce lentamente un gelato di frutta o subisce pazientemente le inutili cure, e interroga curioso come un adolescente il visitatore di turno, ascolta e parla, ricorda e talvolta legge, cedendo alle ripetute richieste, qualcuno dei suoi celebri surreali racconti.

 

E mentre legge, coi mezzi del cinema si realizza di volta in volta una spettacolare associazione delle parole dello scrittore con le immagini che assalgono l'immaginazione del visitatore-testimone (e dello spettatore), immagini tratte - come si diceva all'inizio - dagli archivi audiovisivi pubblici e privati.

 

Ascoltiamo il testo di "Una vecchia pagina" e vediamo un montaggio drammatico in soggettiva di scene di normale quotidiana crudeltà compiute e riprese dagli stessi nazisti; ascoltiamo "Un fratricidio" e vediamo un soldato tedesco e un soldato italiano che si preparano allo scontro sul fronte della prima guerra mondiale, attraverso un montaggio alternato di determinati brani documentari dell'epoca. E altri testi ancora, ma soltanto i testi pubblicati per volontà di Kafka.

 

E con i materiali filmici di origine documentaria entrano nel film ed esplodono sullo schermo gli spazi aperti e le masse infinite, liberando improvvisamente e magicamente l'opera dai claustrofobici spazi interni della stanzetta della pensione e della camera del sanatorio.

 

E questo non solo in rapporto alle opere e alle parole di Kafka, ma anche ai suoi sogni: perchè di notte gli accade di rivedere ossessivamente in sogno, e noi spettatori sogniamo con lui i suoi sogni, l'amata-odiata Praga, "la mammina che ha gli artigli e non molla". E allora sulle riprese in soggettiva della silenziosa e vuota città notturna si innestano le affollate e rumorose immagini della Praga invasa da Hitler e dai suoi seguaci all'inizio della seconda guerra mondiale, e in altro luogo - ancora e sempre con invisibile e perciò onirica dissolvenza incrociata - il corteo dei praghesi festanti della primavera del '68.

 

Ma il racconto drammatico non indulge al tragico. Franz Kafka è rappresentato realisticamente e a tutto tondo, come uomo e come scrittore entrambi capaci di sorridere e di far sorridere. Così nel film abbiamo scene di allegra convivialità, con Franz che improvvisa per Dora con la commovente concentrazione di un ragazzo un teatrino di giochi d'ombre con le mani sulle pareti, con i due teneri amanti che immergono le mani nella stessa bacinella d'acqua e chiamano il gioco "il nostro bagno di famiglia". E abbiamo scene umoristiche di vita quotidiana, vissute e riferite da Franz con lacrime di risa, come la scena in cui il giovane Kafka impiegato dell'Istituto di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro per il Regno di Boemia ride incontenibilmente in faccia nientemeno che a Sua Eccellenza il presidente dell'Istituto.

 

Insomma una biografia romanzata realisticamente, con Franz Kafka che racconta a Dora Diamant la sua vita di uomo e di scrittore, e perciò, contemporaneamente ... una autobiografia. Perchè nella vita reale di un uomo libero dalle convenzioni sociali, e di un grande artista, biografia del mondo esteriore grande e terribile e autobiografia del mondo interiore molteplice e irriducibile sono inestricabilmente interconnesse. Per questa via, alla fine del film ci saremo forse avvicinati di un passo al suo segreto.

 

Ma come finisce il film? All'alba dell'ultimo suo giorno Franz Kafka, non riuscendo più a parlare, ordina per iscritto, con un biglietto, all'amico Robert Klopstock di fargli una iniezione mortale, poi strappa la maschera dell'amplificatore dei battiti cardiaci e la getta in mezzo alla camera. Vediamo ora Dora infilare nella sua valigia quella maschera, richiuderla, uscire dalla stanza, dalla pensione e allontanarsi lungo una strada in prospettiva ... dal fondo della quale avanza fino alla figura intera un adolescente.

 

Devo aggiungere che questo adolescente somiglia infinitamente a Kafka adolescente? Devo aggiungere che il suo ultimo sguardo inquieto e tuttavia sereno si rivolge "in macchina", proprio verso noi che stiamo vedendo il film come "fraterni spettatori"? Devo aggiungere che il segreto di Kafka, che era chiamato dai suoi colleghi di lavoro dell'Istituto delle assicurazioni "il nostro ragazzino", sembra infine risiedere nel fatto che egli era riuscito a rimanere per tutto il tempo della sua vita mortale, e persino oltre la sua morte apparente, un eterno incantato e incantevole adolescente?

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