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Cruciverba

 

Prima mattina. Un soldato di leva si lascia viaggiare tra i monti Cimini e il mare Tirreno, ammazzando il tempo con un cruciverba. Ad un tratto s’accorge di aver sbagliato pullman e scende alla prima fermata.

Un incrocio di strade, alla periferia di un paese. Ai quattro lati la caserma dei carabinieri, la farmacia, il cimitero, la macelleria. Nessuno intorno. Abbandona il cruciverba sul dorso del raccoglitore avvitato al cartello della fermata del pullman ed entra nella macelleria. Nessuno dietro il bancone. Su un tavolino di ferro, un pacchetto mezzo di sigarette. Il soldato sfila una sigaretta dal pacchetto e l’accende. Un bisbiglio; da dove? Si avvicina alla soglia del retrobottega e fa capolino senza parlare.

Di lato, un bancone di marmo grigio coperto di carni rosse. Di spalle, la macellaia, in camice bianco, stira cantando involontariamente, sottovoce, come involontariamente a volte si piange. Il soldato fa un passo e domanda: “Che paese è questo?” Spaventata la donna matura si volta, lo vede avanzare verso di lei, afferra un coltellaccio e glielo punta contro. Il soldato fa un altro passo, il coltellaccio s’infila nel suo cuore e finisce di vivere senza un grido, accasciandosi su una sedia gonfia di panni di tutti i colori. La donna ripone il coltellaccio fra le carni, copre il giovane col suo camice bianco, stacca la spina del ferro da stiro ed esce dal retrobottega chiudendosi la porta dietro.

Nessuno nella macelleria. Sul tavolino, il pacchetto di sigarette. La donna ne tira fuori una, l’accende, si siede lentamente e guarda fuori. In quel momento davanti alla macelleria frena un pullman.

La fermata. Scende una coppia di studentesse. Un pensionato, prima di salire vede il cruciverba e lo prende. Il pullman riparte, verso Roma. Il vecchio si siede accanto a uno studente in jeans che legge una grossa dispensa universitaria. Il vecchio continua il cruciverba non finito dal soldato. Nelle pause di lettura lo studente scambia uno sguardo con il vecchio.

 

Mattina. Il vecchio, al giovane: “Di nove lettere e inizia per elle. Rivoluzionaria di professione. Il nome è quello di un fiore. Il cognome uguale al nome di un paese dell’Europa del Nord...” Il giovane: “Margherita d’Olanda” “No...” Il vecchio si guarda intorno. Nel sedile davanti, un uomo sonnecchia. Il vecchio lo tocca: “Senti un pò... Nove lettere. Rivoluzionaria di professione...” E quello, bruscamente: “Ma fatti il Gratta e Vinci, no?” Di lato, nell’altra fila di sedili, un punk di età incerta. Chiodo nero strappato, sulla spallina il cerchio della Mercedes Benz. Orecchini all’orecchio sinistro. Capelli alla mohicana. “Luxemburg, vecchio!”

Il pullman frena. Fermo di traverso sull’intera carreggiata, alla fine di una lunga macchia d’olio nero, un pullman di pellegrini che lo circondano come le formiche una mosca morta. Il pullman si ferma accostando sulla Cassia. I passeggeri scendono di malavoglia sbuffando l’uno dopo l’altro, eccetto il vecchio che continua imperterrito ad arrovellarsi sul cruciverba.

Lo studente è attratto da un vivaio che ha l’imboccatura giusto all’estremità della piazzola di sosta dove si è spento il pullman. Vi si dirige.

Superato il cancello, cede il passo ad un’automobile guidata da una donna, poi entra nella prima grande serra di vetro, colma di piante come un paradiso, che il giovane scorre una dopo l’altra passeggiando, dando di tanto in tanto occhiate in direzione del pullman. Infine, aprendo la dispensa-librone a una certa pagina, si avvicina ad un albero storto e ne osserva le foglie avvizzite.

Dall’altro lato della grande serra, la donna che abbiamo intravisto entrare in automobile nel vivaio, elegante, con foulard, tailleur e occhiali scuri, sceglie un minuscolo mandarino giapponese, vede il giovane che gli volge le spalle e scambiandolo per l’addetto alla serra, gli si avvicina. “E’ un mandarino giapponese?” Il giovane, voltandosi, col librone urta l’alberello, che sfugge dalle mani della donna, alla quale cadono anche gli occhiali scuri scoprendole gli occhi. Il giovane: “Era...”

Si sorridono e si chinano a raccogliere la terra sparsa e rimettendola nel vaso, sporcandosi le mani. Si guardano in silenzio, complici. Lei, con un mandarino schiacciato bagnato di terra, disegna linee sul viso di lui, che lascia fare e infine ricambia il gioco erotico cominciando a spogliarla: la giacca, la camicetta, il reggiseno. Lei resta col solo foulard al collo. Il pullman suona a richiamare i passeggeri. Il giovane si rialza e lo vede partire. Dentro, il vecchio ancora assorto nel suo provvidenziale passatempo.

Il pullman traversa La Storta ed entra a Roma. Si ferma davanti ad una banca. Scende il vecchio, entra in banca e si dispone in fila ad uno sportello. Dietro di lui si dispone una giovane vestita con pantaloni di pelle, stretti, e scarpe dal tacco grosso e alto. Dalle pagine del cruciverba, scivola a terra una foto e va a finire sotto un tacco della giovane. Il vecchio se ne accorge, tocca delicatamente la giovane sulla spalla e le indica la foto. La giovane la vede, la raccoglie ed esclama eccitata: “Ma che è, un attore?” “No. Mio figlio...”

Un giovane distintamente vestito entra in quel momento in banca, stordisce la guardia giurata e mostra a tutti la pistola che tiene in pugno: “Tutti al muro, dai!!” grida indicando il muro alla sua destra. Tutti alzano le mani e si spostano lentamente verso il muro, compresa la giovane, che tiene in mano la foto.

Solo il vecchio non si è mosso, è rimasto al centro della sala. Ignorando il rapinatore si dirige verso la giovane, che al rapinatore si trova vicina, chiedendole la foto: “Ridammela”. Lo sguardo terrorizzato degli astanti e quello interrogativo del rapinatore che, preso dal panico, gli grida:”Fermati dove sei, pezzo di merda! Non mi senti?!” Ma il vecchio continua ad avanzare. Allora il giovane lo spara nella gamba. Il vecchio cade senza un grido.

La giovane allora lancia la foto verso il rapinatore che la prende al volo, lasciando però cadere la pistola. Lei prende la pistola, la punta verso il rapinatore, poi si avvicina al vecchio sdraiato a terra, gli restituisce la foto e gli punta la pistola al cuore. Il vecchio sorride e dice: “Grazie”. La giovane lo spara al cuore. Prende dalle sue mani il cruciverba, poi esce dalla banca.

Uscita dalla banca, la giovane s’infila nella metropolitana. Scende due rampe di scale, arriva il treno, sale. Il vagone è affollato. Fra i viaggiatori c’è un fotografo che scatta foto a questo a quello, poi si concentra sulla giovane. Scatta diverse foto finchè la giovane gli tira il cruciverba, gridando: “Lo sai che non hai il diritto, stronzo?”

Il treno si ferma, la giovane scende, risale alla superficie attraverso tre lunghe rampe di scale mobili. Esce dalla metropolitana ed entra in un vecchio palazzo. Scende nel seminterrato. Bussa. Un uomo apre. E’ uno scultore e siamo nel suo studio.

Lui: “Ciao.” Lei non risponde. Va dritta ad un tavolo e si versa un po’ di vino in un bicchiere. Beve un sorso, passeggiando. Lui la osserva in silenzio. Lei si spoglia sotto gli occhi di lui che intanto prepara il cavalletto, i colori, la tela. Il pittore e la modella. Il corpo di lei è illuminato da un raggio di luce che proviene dalla finestrella alta da cui prende luce e aria lo studio-seminterrato. Dialogo fra i due.

Sul volto di lei ad un certo punto si forma un’ombra. Lui alza gli occhi e vede un bambino passare davanti alla finestrella.

Un bambino di sei-sette anni con lo zaino in spalla esce dal portone del palazzo e si dirige verso un’auto ferma col motore acceso. “Hai preso tutto?” “Sì, tutto.” L’auto s’avvìa e si fa prendere dal traffico convulso della città. La mano di una donna prende un mandarino cinese dalla pianta sistemata nella parte posteriore dell’auto e la porta alla bocca. E’ la donna matura che ha amato il giovane studente nella serra. L’auto passa sul lungotevere.

“Non sembri entusiasta di passare le vacanze coi nonni.” “Verrai?” “Non posso promettertelo. Ma ci proverò.” L’auto si ferma di lato al Convitto Nazionale. Divisi dalla strada da una rete altissima, un gruppo di ragazzini giocano a pallone sotto il sole. “Ma senti (prendendo un altro mandarinetto e mordicchiandolo)... e se invece entrassi nel Convitto per qualche tempo? In fondo è un posto pieno di ragazzini. Li vedi? Giocano.”

L’auto risale il Gianicolo. La donna vuole fare una foto al figlio. Sistema il cavalletto, dispone il figlioletto. Il ragazzino avanza verso di lei, che indietreggia, ancora il ragazzino avanza verso la madre (come il giovane soldato nella prima storia), ancora la madre indietreggia e, non accorgendosi del parapetto alle sue spalle, cade all’indietro e muore. Nessuno ha visto nulla.

Il ragazzino chiede a una ragazza di scattargli la foto. La ragazza scatta la foto e si dirige verso la stazione dei pullman. Incontra il suo ragazzo e, in pullman, vanno da Roma verso un paese dell’Alto Lazio. Lui descrive la strada alla ragazza, ad occhi chiusi. Lui prosegue il viaggio, lei scende nel paese che abbiamo visto all’inizio del film, entra in macelleria. La macellaia è seduta al tavolino, assorta davanti al cruciverba. “Ciao mamma.” “Ciao.” “Com’è senza camice?” “L’ho messo a lavare.” “Papà?” “E’ andato a portare la carne ai maiali.” “E non si mangia stasera?” “Certo. Ti aspettavo facendo questo cruciverba”

 

1997-98

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